lunedì 20 gennaio 2020

Il successo


Gordon Wallace guardò dalla finestra.
Più che una finestra un oblò, pensò.
Gli strati di alluminio trasparente avevano la stessa funzione del vetro, ma l’atmosfera di Ariane non permetteva di estenderli molto in larghezza.
Così, da uno degli oblò del suo ufficio ai piani alti della Wallace WorldsMedia, vide arrivare la navetta che aspettava.
Meno di cinque minuti dopo il volto della sua assistente personale su Ariane emerse dal CommPad sulla scrivania.
“Signore, sono arrivati, sono in due” disse la Roveriana.
“Mi dia cinque minuti” rispose Wallace, sedendosi.
Aprì il cassetto alla sua destra e tirò fuori un tumbler di cristallo e una bottiglia di Single Malt 12 anni.
Si versò tre dita di whisky, complimentandosi per aver scelto una Roveriana come assistente. Erano gli alieni di aspetto più simile agli umani, eccezione fatta per i capelli spessi come dreadlocks e il colorito olivastro della pelle. Nonostante fosse stato Ambasciatore della Differenza Interplanetaria (o come cazzo si chiamava quella roba per cui manco lo avevano pagato), Wallace mal sopportava arti in più, tentacoli, chele o roba simile.
La porta dell’ufficio si aprì, la Roveriana (com’è che si chiamava?) sorrise e fece cenno ai due ospiti di entrare.
“I suoi ospiti, Signore”
Wallace non finse neanche un sorriso, dall’alto dei suoi quarant’anni spesi a scalare il mondo della musica interplanetaria fino a dominarlo poteva permettersi di non sorridere, anche di fronte all’idolo del momento (Nikoh, terrestre) e il suo mellifluo pelosissimo agente (Rhaaj, Orwandiano).
Fu il ragazzino a rompere il silenzio.
“Ma davvero morirò?”
Wallace appoggiò i gomiti alla scrivania, fissò per un momento gli occhietti luccicanti in mezzo al pelo di Rhaaj e rispose al ragazzo.
“Ma no, stellino, non ti preoccupare. È solo il colpo di genio del sottoscritto per la mossa finale della tua fantasmagorica carriera!”
“Finale?” chiese l’Orwandiano, tramite la voce amplificata del multitraduttore SpeekEZ™.
 “No, non finisce un bel niente perché, tempo sei mesi, cominciamo con gli inediti, i bootleg non ufficiali dei concerti, le ristampe in digitale rimasterizzato dei dischi d’esordio, gli album tributo, i concerti in memoria e intanto alimentiamo il mito con la storia che è morto, una roba così non è riuscita neanche ad Elvis!”
“Elton?” Chiese Nikoh.
Wallace sbuffò.
“No, Elvis... lascia stare, non abbiamo tempo per questo. Fidati.”
Rhaaj annuì, o almeno così sembrò.
“Ma io… io non so se voglio morire…”
“Ascolta, Einstein” si fermò a fissare lo sguardo smarrito del ragazzo di fronte a lui e poi riprese:“lascia perdere, un giorno poi ti spiego anche questa.”
“Ascolta bene: primo, non muori veramente. Chiaro? Smetti di esistere “artisticamente” ma nessuno ti torcerà un capello, stai tranquillo. Secondo, quanto veramente credi di poter tirare avanti, da vivo? Hai fatto il contest tre anni fa, hai vinto perché ti abbiamo disegnato come il “ragazzo terrestre che vuole fuggire da sé stesso”, e qualsiasi cazzo di significato abbia la cosa ha funzionato.”
SI interruppe, un vecchio trucco per dare agli altri l’impressione di un discorso meditato. Prese un sigaro di Juanamaria, l’erba blu che cresceva ovunque su Ariane, e se lo accese.
“Ti abbiamo fatto vincere il festival interplanetario, e mi sei costato più in giornalisti pagati per far polemica che in giudici, ti ho fatto fare il tour più idiota del mondo, con i concerti tenuti nelle discariche per protestare contro lo sfruttamento del pianeta terra, ma ha funzionato. Ti ho pagato tre love stories con altrettante attricette e puttanelle pubbliche di tre mondi diversi, compresa una che aveva il doppio dei tuoi anni!”
Bevve un sorso di single malt dal bicchiere sulla scrivania.
“Ma sono tre mesi che mi sei sceso in classifica, e Dio solo sa quanto cazzo mi è costato convincere i migliori turnisti del mondo a farti da “Band” per il tuo “greatest hits remix”! E la concorrenza ha sfoderato quella cretina Vourzyana con i tentacoli e una minchia di fisarmonica e hanno fatto il botto, mentre tu non sai distinguere un Do maggiore da un fischio di treno… qualcosa ci dobbiamo inventare, no?”
“Ma non potrò più fare la mia vita, e la mamma?”
“La tua vita ha smesso di essere tua quando hai cercato la fama e il successo! O vuoi farmi credere che veramente “volevi esprimere quello che hai dentro”?”
“Sai che neanche i pennivendoli più affamati hanno accettato di scrivere questa cazzata? La tua mammina, l’attempata tettona che farebbe qualsiasi cosa pur di farti salire nella top hit di tutti i sistemi planetari, vivrà dei cospicui diritti di autore che, forse, dividerà con te; ma io le farei firmare due carte prima di sparire come personaggio pubblico…”
“Ma, ma non c’è un altro modo?”
“Mah, l’alternativa è un po’ vecchia, l’abbiamo già usata. Tiriamo fuori uno scandalo sulla tua sessualità, lo pompiamo di accuse omofobe e attacchi sui social con scherzi e battute in TV, paghiamo qualche letterato perché ti difenda e alimentiamo la discussione, ma così tiriamo avanti qualche mese, massimo un anno… e poi non dovunque.”
Si appoggiò allo schienale: “Cazzo su Ryona hanno tutti tre sessi dalla nascita, cosa vuoi che gliene freghi delle tue trasgressioni!?”
Si raddrizzò sulla sedia, sporgendosi in avanti dalla scrivania, verso il ragazzo.
“Se muori invece passi allo stato di mito! Hai capito!?! Le ragazzine di ogni pianeta compreranno quelle cazzo di tue canzoni tra vent’anni solo perché le mamme avranno raccontato la tua storia con occhi lacrimosi! Andrai a finire nell’olimpo dei “too young to die” troppo giovane per morire!! In compagnia di gente che manco sai chi cazzo sono ma che dovresti ringraziare solo per averti accolto tra loro. Farò, faremo, un sacco di soldi per anni, decenni! Cazzo! Se muori diventi immortale! Ce la fai a capirlo o vuoi un disegnino!?!”
“Ma che scandalo sulla sessualità!?” chiese il ragazzino, un po’ corrucciato.
Wallace sbuffò di nuovo.
“Minchia! Ancora lì sei!?”
Si appoggiò allo schienale.
“Ti costruiamo una storia omosessuale, come fosse un incidente di percorso, poi vediamo come va e, se prende la piega giusta, ti spostiamo nell’area dell’audience “pro diverso” e ci ficchiamo su anche una bella campagna sociale con la tua faccia in nome della diversità, ti schiera un po’ tanto ma è un argomento che tira e, se ci portiamo dentro i politici ci facc..”
Il ragazzo si alzò in piedi gridando
“NO! Io frocio no! Li odio i froci io!! E poi la mamma… la mamma…”
Rhaaj l’Orwandiano si irrigidì, e con lui i suo i peli. Aveva avvertito il click dell’interruttore che era scattato nella testa di Wallace.
“Ascolta, pezzettino di cacca.” disse Gordon, freddamente.
Nikoh si incavò ancora di più nella poltrona mentre Rhaaj, impercettibilmente, allontanava la poltrona dal suo assistito.
“Hai una minima, vaga, idea di quanto contino le tue opinioni e quelle della tua mamma in questo business!?”
“N-no…”
“Bene, allora te lo dico io: niente, un cazzo, zero, un sasso di Oskan-3, una particella di pulviscolo spaziale ha più peso per me e il mio business!”
“Tu sei famoso, sei un mito su sedici sistemi stellari e ancora vuoi dire qualcosa?!?”
Wallace aspirò un tiro del sigaro, lo inalò profondamente e poi lo sbuffò in faccia al ragazzo.
“Sono più di trent’anni che costruisco successi, cos-tru-i-sco! Capito!”
“Mai toccato un tasto o una corda e mi chiamano il genio della musica! Sai perché!?”
“P-p-perché?”
“Perché io so cosa piace alla gente, in 47 pianeti diversi! E se non gli piace glielo faccio piacere!”
Puntò uno degli oblò sulla parete.
“Là fuori ascoltano, comprano, impazziscono, appendono i poster in camera o in quelle cazzo di tende da nomadi di Aarkhon di quello che gli dico io! Quello che gli ho fatto piacere con un percorso studiato, calcolato e eseguito da ME!!”
“Ma, ma la mia musica…”
“La tua musica! LA TUA MUSICA!?!” Wallace si appoggiò alla scrivania, quasi vacillando.
“Ascolta stronzetto, non so se te ne sei accorto, mentre partecipi alle serate e all’ospitate dove ti mandiamo noi, ma sono trent’anni che la musica non esiste più, per tutti, non solo per te.”
Aspirò profondamente dal sigaro.
“Nessuno ascolta più, comprano. Comprano il prodotto che noi gli confezioniamo, che non ha un cazzo a che fare con i gorgheggi che emetti o con le note che gli facciamo mettere attorno. La creatività non paga, la scienza si: ogni tua deiezione sonora è calibrata per completare il prodotto. Le sperimentazioni musicali, il gusto del suonare, la schitarrate in riva alla spiaggia con testi pensati e accorati non sono da industry. Vuoi sballare in spiaggia? Portati un SoundBoom™ ricaricabile e pompa a tutto volume i pezzi che hai comprato online!”
Prese il bicchiere dalla scrivania e bevve un sorso.
“Ho lavorato una vita per lavare via l’incertezza della fantasia dal verde dei soldi!!”
Si rivolse all’Orwandiano, puntandogli contro il dito.
“E quindi adesso spiega tu a questa nullità cosa vuole dire discutere le mie idee, perché a me, di lui e della sua mamma…”
L’agente alzò lo sguardo verso Wallace, aspettando il resto della frase, del cui significato peraltro tutto gli era già molto chiaro.
Wallace, paonazzo in viso, si era bloccato. Cercò di portarsi il sigaro alla bocca, ma non ci riuscì.
Si accasciò su sé stesso, cadendo sulla scrivania e rovesciandola all’indietro e facendo fracassare il tumbler di whisky.
Immobile sul pavimento diede un rantolo, poi il respiro si fermò.
La Roveriana, richiamata dal baccano, entrò nella stanza, mentre gli altri due erano impietriti sulle poltrone.
Girò oltre la scrivania e si chinò su Wallace. Lo toccò.
Gli prese il polso. Poi scosse la testa e lo lasciò andare.
Si prese la testa tra le mani, singhiozzando.
Guardò il sigaro, spentosi cadendo nella pozza di whisky, accanto al bicchiere in frantumi.
“Gli dicevo di non esagerare! Ma non mi ascoltava, non ascoltava nessuno! Diceva che era troppo giovane per morire!!”
Nikoh, ancora a bocca aperta, si girò verso il suo agente.
“Come Elton!”

Nessun commento: