giovedì 26 marzo 2020

Il Gatt Pack


Gatto Miciozzo era nato nel Bronx, anzi, nel buco più nero del Bronx. E aveva subito cominciato a cantare.
Perché cantare aiutava a dimenticare la dura realtà, fatta di risse per mezza lisca di pesce, piccoli furti ai danni della drogheria all’angolo e tante ciabatte tirate proprio nel bel mezzo di una performance.
Ma lui si era lasciato alle spalle tutto questo, soprattutto le ciabatte.
Ne era uscito.
Una sera, mentre stava eseguendo una serenata in Do minore per le gattine del sesto piano, si era fermata una macchina, e ne era sceso niente di meno che Cats Domino, un pianista importante, che aveva la sua orchestra e un programma tutto suo alla radio.
Cats ascoltò Gatto Miciozzo per una buona mezz’ora, giusto il tempo per fargli eseguire alcuni dei brani con cui si era conquistato il pubblico, come I Can’t Cat no (Satisfaction) e No Catwoman No Cry.
Poi, mentre scrosciavano i miagolii, gli si avvicinò e disse:
“Ehi micetto, ci vieni a fare un giro con me?”
Gatto Miciozzo lo squadrò e rispose “Sarai mica un pedro?” che era un modo di dire del Bronx per capire se il passaggio offerto si sarebbe risolto, come dire, a reti inviolate.
Cats rise e si presentò “Ragazzino, una voce come la tua merita meglio di questo! Sali, che andiamo in onda tra un’ora.”
Meno di dieci minuti dopo, nello studio Newyorchese della cAtBC, Miciozzo era a bocca aperta!
Tutti i grandi musicisti che aveva sempre e solo ascoltato alla radio erano davanti a lui: Charles Meowgus, Catthelonius Monk, John Cattrane. Tutti lì a vedere il nuovo acquisto con cui suonare!
Fu Dave Purrbeck a rompere il ghiaccio. “Hey Cats! Mi sembra un po’ acerbo il ragazzino qui, sei sicuro? Non vorrei fosse una giovane boutade!” In americano “Green boutade”.
Gatto Miciozzo, mentre gli altri sghignazzavano, si ricordò di tutte le sofferenze e le ingiustizie patite nel Bronx, si avvicinò al microfono e, con tono di sfida, disse “quando siete pronti.”
Fu un concerto memorabile.
Mentre fuori, in strada, nelle case, la gente impazziva ad ascoltare quella voce per radio i musicisti in sala, presi anche loro dal miracolo di quel gattino dalla voce suadente, si buttavano sugli strumenti per fare ancora meglio del loro solito.
Era nata una stella.
A fine sessione, mentre tutti si davano delle grandi zampate sulle spalle, Cats Domino prese da parte Gatto Miciozzo.
“Stasera hai fatto il tuo esordio, la gente se ne ricorderà, tu non dimenticarlo: tieni questo per rinfrescarti la memoria, te lo sei guadagnato”
E gli regalò un cravattino a farfalla verde, in americano “green bow tie”.
E, indossando sempre quel cravattino, Gatto Miciozzo scalò il successo.
Jam sessions, concerti, tour, e poi parti nei film, ruoli a teatro e, soprattutto, il tutto esaurito nei Casinò di Las Vegas.
Qui Gatto Miciozzo si tirava dietro la sua combriccola di amici: Bing Clawsby, Dean Miaortin, Peter Pawford, e Joey Whishop, con i quali sgattaiolava fino a tardi facendo notti pazze.
Valeva tutto: enormi sbronze, fumate di erba gatta, scassare suites di hotel per inseguire un gomitolo o vomitare pelo nelle piscine dei club.
Una bella sera che erano tutti a Palm Springs Bing prese Gatto Miciozzo e gli disse: “Ho trovato uno che balla, canta e fa spettacolo come un matto, andiamo a sentirlo?”
“Come no!” gli fa il nostro, “Prima però presentamelo, che se no ci imbamboliamo al tavolino e le micette mi inseguono per gli autografi.”
Allora presero la macchina (ovviamente una Jaguar) e andarono al Gatton Club, che era un famoso locale jazz di Palm Springs.
Bing aprì la porta dei camerini e si mise a chiamare “Dov’è Sammy!?”
Una porticina si aprì: “Sono qui”
Gatto, Bing e gli altri si infilarono nella stanza e… si bloccarono come gatti di marmo!
Sammy era un gatto nero!
Dovete sapere che, a quel tempo, in America, i gatti neri erano considerati diversi, come gatti di seconda o anche terza scelta.
Non potevano studiare, facevano solo i lavori più umili e, soprattutto, non era accettato il fatto che stessero insieme agli altri gatti.
Pensate che, nei locali dove li facevano entrare, e non ce n’erano molti, avevano pure le lettiere separate, come se la cacca fosse diversa!
Era un periodo molto duro per i gatti neri, lo chiamavano segregattazione, e mi piacerebbe dirvi che è tutto finito ma, purtroppo, c’è ancora qualche gatto in giro che giudica in base al colore del pelo.
Questi gatti qui sono tutti un po’ ignoranti e anche parecchio scemi, ce n’è solo uno buono: il gatto morto.
Allora Miciozzo si volta, prende Bing sottobraccio, lo trascina fuori e gli fa: “Ehi! Ma ti sei reso conto che quel gatto è ne…”
E si accorge che, invece di Bing, ha preso sottobraccio proprio Sammy!
Sammy però gli sorride e gli dice: “Grazie che sei venuto a sentirmi Gatto, vedrai che non ti deluderò!”
Comunque, Miciozzo e i suoi vanno a sedersi a un tavolino e non succede niente!
Gatto mormora “Ma com’è che nessuno viene a chiedermi l’autografo?” e si guarda in giro, a tutti gli altri tavolini sono seduti gatti neri, che lo guardano, in soggezione, e nessuno osa avvicinarsi al loro tavolo.
Il vecchio Bing, che era uno che la sapeva lunghissima, si volta verso Gatto e gli fa:” Hai visto? Tu che ti lamenti tanto delle fans, pensa un po’ che questi qui si vergognano a farsi fare l’autografo solo perché pensano che tu li giudicherai male perché sono neri!”
Miciozzo si era lasciato il Bronx alle spalle, ma non si era dimenticato di quando, con gli altri randagi suoi amici, se ne andavano al parco a vedere qualche bel pezzo di gattina, e si ricordava come queste li guardassero male, con disprezzo, solo perché non erano uguali a loro.
Allora si arrabbia e fa una cosa incredibile.
Va ad ogni tavolino, si presenta, gli dà la zampa e gli lascia pure un autografo!
Mamma mia, tutto il locale che applaudiva, mentre i suoi amici lo guardavano tutti orgogliosi di avere un amico così!
Poi si apre il sipario ed entra in scena Sammy:
 “Gattine e gattoni vicini e lontani ecco a voi Sammy Gattis jr.!”
Una roba incredibile!! Sammy cantava, ballava il tip tap, raccontava barzellette e imitava gli altri gatti cantanti! Insomma, era bravissimo.
Al tavolino di Miciozzo volavano solo complimenti, e si parlava anche del fatto che i tempi erano cambiati, che il colore del pelo non era più così importante e che, anzi, bisognava mostrare che si era tutti gatti, comunque.
 “Figuratevi” disse Dean Miaortin, “che in Piemonte, a Moncalieri, tutti i gatti sono neri!”
“Ma, è vicino a Racconigi?” Chiese Peter.
“Si, ma lì tutti i gatti sono grigi…”
“Ah! E allora a Carrù!?”
“Beh, lì…” stava per rispondere Dean, ma Gatto li interruppe con una zampata sul tavolo!
“Non importa se un gatto è bianco o nero, finché cattura i topi.”
“Bella questa, dove l’hai sentita?” gli fa Bing.
“Me l’ha detta un siamese che conosco…”
Insomma, a fine concerto, questi quattro gatti erano lì, nel posteggio del Club, che aspettavano Sammy.
E chi si era attaccato a una bottiglia di Whiskers, chi fumava una sigaretta di erba gatta così lunga che se l’era fatta accendere da uno del comune vicino, chi sparava gattate a tutto spiano. E poi cantavano, in coro, standards tipo Smoke Cats in Your Eyes, o La Gattina Di Ipanema.
Quando è arrivato Sammy, il delirio!
Lo riempivano di zampate sulla spalla, gli facevano bere il loro Whiskers, un tiro di erba gatta, tanti abbracci e complimenti.
E, a un certo punto, Miciozzo zittisce tutti e gli fa:
“Sammy, se ti va, da questa sera tu sei uno di noi, che a noi non ci frega niente di che colore sei.”
A Sammy a momenti gli viene pure il nasino umido, come ai cani. Poi gli fa:
“Grazie, ma “noi” chi?”
Allora Miciozzo guarda i suoi amici, malconci dal bere, fumare, ridere e essere allegri come fessi, ma tutti artisti, partiti tutti da qualche muretto di quartiere a miagolare per fare innamorare le gattine del terzo piano, e tutti con il cuore di chi ha visto così tanto che il colore del pelo non gli dice più niente.
“Noi” si aggiusta il cravattino verde e dice serio “il Gatt pack!”
E tutti a ridere, matti come gatti, intonando un grande successo di Gatto Miciozzo.
Miao York, Miao York.


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